Il mese di gennaio 2025 è stato il più caldo mai registrato nella storia. A febbraio è andata un po’ meglio: si è classificato “solo” terzo in questa speciale graduatoria stilata dal servizio climatico europeo Copernicus. Insomma, quest’anno si è aperto come peggio non si poteva per la nostra Terra. Eppure, Cop dopo Cop, gli allarmi di scienziati e attivisti restano inascoltati. Il tour mondiale che porta le conferenze sul clima da continente in continente, di Paese in Paese, nelle città più disparate, si conclude ogni volta con risultati deludenti. Colpa di una governance che non ha strumenti davvero incisivi per far rispettare gli accordi, ma anche della scarsa volontà degli Stati considerati grandi inquinatori a voler cambiare le cose.
Nel 2015, gli accordi di Parigi fissavano a 1,5 gradi Celsius la soglia entro cui limitare il riscaldamento globale in questo secolo. Obiettivo: evitare le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico, come lo scioglimento dei ghiacciai polari e non solo che provocherebbe, tra le altre cose, l’innalzamento del livello del mare e la sparizione di tantissimi Stati insulari. A noi italiani questo fenomeno interessa da vicino. I nostri nipoti rischiano di vedere Venezia solo in foto. Per i ghiacciai alpini, invece, altro che rischio: entro il 2050 saranno dimezzati; entro il 2100 potrebbero non esserci più.
Nel momento in cui l’Unione europea rinnega le fondamenta del suo Green Deal; nella fase storica in cui gli Stati Uniti hanno eletto il presidente che già in passato li aveva ritirati dagli accordi di Parigi e che, appena insediatosi, si è ripetuto; negli anni in cui l’emergenza climatica sui giornali finisce dopo i necrologi, sommersa com’è da emergenze belliche e politiche, noi vogliamo riportare l’ambiente al centro del discorso. Lo facciamo con le storie di chi ha perso tutto per l’ennesimo disastro ambientale, con il racconto di quelle città destinate a sprofondare sotto il mare che provano a resistere come possono, con le testimonianze di chi, soprattutto oggi, lotta perché il contrasto al cambiamento climatico sia ancora rilevante. Se il clima cambia tutto, allora anche noi dobbiamo cambiare tutto. Cominciando dalle parole, passando per i gesti, arrivando fino alle decisioni che contano. Perché l’ambiente non è solo natura: è futuro. Ed è proprio al futuro di noi giovani di oggi e di quelli di domani che dobbiamo restituire centralità, riportando le storie del clima al centro del discorso.