«Con il cambiamento climatico, la frequenza e l’intensità degli incendi si stanno modificando». Ci dice così Giorgio Alberti, professore ordinario al Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Università di Udine. Negli ultimi anni, Alberti ha svolto molte ricerche sul territorio per valutare, con tecniche di telerilevamento innovative, i processi e gli effetti degli incendi boschivi sulla comunità vegetale del Carso.
L’Italia è sempre più colpita da una quantità eventi climatici estremi. Tra questi, nell’estate del 2022, un grande incendio ha colpito l’area delle foreste carsiche nel Nord-est del Paese. L’incendio è iniziato il 15 luglio e si è estinto il 29, portando alla distruzione di più di 4100 ettari di superficie forestale tra Italia e Slovenia. Anche se gli incendi boschivi sono comuni nell’area, quello del 2022 può essere considerato un evento estremo a causa della sua estensione.
«Per avere un incendio sono necessarie tre condizioni: l’accumulo di combustibile, il giusto tenore di umidità e la disponibilità di energia di innesco», spiega Alberti. Un bosco non gestito come quello del Carso e un’estate particolarmente siccitosa come quella del 2022 sono due degli ingredienti necessari per l’ordigno perfetto. È bastato un evento accidentale, il passaggio di un treno, per infiammare la sterpaglia e provocare la diffusione incontrollata di un fuoco senza precedenti.
Gli incendi boschivi sono un disturbo ecologico ben riconosciuto, in grado di alterare la struttura e la composizione delle comunità vegetali. «Se aumenta la frequenza del disturbo, le specie non possono reagire in quanto i meccanismi di adattamento sono stati sviluppati in tempi molto lunghi. In questo modo il sistema regredisce, favorendo l’ingresso di nuove specie che possono minacciare la biodiversità autoctona».
Il cambiamento climatico in atto può modificare il regime naturale degli incendi, e di conseguenza alterare le traiettorie di sviluppo degli ecosistemi forestali, ossia i tempi e i modi con cui si sviluppano le foreste. L’aumento delle temperature globali e degli eventi siccitosi registrati negli ultimi decenni sta creando condizioni molto favorevoli affinché si verifichino questi fenomeni di disturbo. È probabile che, entro la fine del secolo, la loro gravità e la durata possa aumentare, con effetti negativi di ampio spettro. Oltre alla distruzione dell’habitat, un’altra conseguenza degli incendi boschivi sulla vegetazione è il potenziale ingresso di specie aliene. Le specie aliene, animali o vegetali importati in maniera più o meno accidentale in zone diverse da quelle di origine in mancanza di un ecosistema bilanciato, possono diventare invasive, alterando i processi di conservazione dell’ambiente.
Combinando le misurazioni a terra con i rilevamenti satellitari, è stato «quantificato il danno, in termini sia di superficie che di biomasse di bosco danneggiato». L’indagine delle strategie di adattamento attuate dalle diverse specie nel recupero dello spazio dopo l’incendio ha permesso di evidenziare tratti funzionali profondamente diversi a seconda delle specie e delle caratteristiche dell’ambiente. La comprensione delle conseguenze ecologiche degli incendi boschivi è fondamentale per attuare strategie di conservazione e gestione efficaci, in un ambiente colpito dalle conseguenze della crisi climatica. Partendo sempre dalla necessità di un’educazione alla cittadinanza attiva e consapevole, gli interventi possibili «si potrebbero concentrare sul favorire specie che sono più resistenti, cercando comunque di mantenere una certa eterogeneità funzionale. Ma è anche importante una pianificazione e una gestione attiva di queste aree, troppo spesso dismesse e abbandonate».