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Il futuro dello sport passa per la rottura dei pregiudizi di genere

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Tanti atleti stanno riflettendo su quali siano le possibilità di sviluppo della loro disciplina: Gabriella Papadakis vorrebbe aprire alle coppie dello stesso sesso nel pattinaggio, Giorgio Minisini sogna un cambiamento culturale nel nuoto artistico

Una delle maggiori sfide dello sport oggi è promuovere la parità di genere. Parigi 2024 è stata la prima edizione olimpica con lo stesso numero di atleti e atlete, ma il problema non si limita a una semplice rappresentazione quantitativa. Nonostante gli sforzi per allontanare le discipline dalle connotazioni di genere, alcuni retaggi culturali persistono: il pugilato femminile è entrato nel programma olimpico solo nel 2012, ancora adesso sono escluse la ginnastica ritmica maschile e la lotta greco-romana femminile, mentre nel nuoto artistico non ci sono competizioni individuali maschili.

Nell’ultimo periodo sono molti gli atleti che hanno scelto di esporsi per dare un contributo allo sviluppo della loro disciplina. Immaginare il futuro dello sport significa iniziare a contemplare una serie di possibilità mai sperimentate prima per dare nuova vita alle competizioni e renderle più partecipate e inclusive, rompendo gli schemi e abbandonando i pregiudizi di genere.

Si spiega così la scelta di Gabriella Papadakis: la campionessa francese di danza sul ghiaccio a dicembre ha annunciato che si sarebbe ritirata dalle gare ma che avrebbe continuato a portare avanti il suo progetto di gare di coppia donna-donna. Dopo avere vinto insieme a Guillaume Cizeron i Giochi olimpici invernali di Pechino 2022, cinque titoli mondiali e altrettanti europei, Papadakis ha infatti dato vita a un sodalizio con l’americana Madison Hubbell ad Art on Ice, lo show di pattinaggio più famoso al mondo, per dimostrare che si può superare l’obbligo di coppie uomo-donna.

Papadakis ha spiegato che questo cambiamento non è solo importante, ma necessario. «Il pattinaggio si aggrappa ancora a strutture obsolete e sia gli uomini che le donne sono confinati in ristrette aspettative di forza e bellezza. Questi stereotipi limitano l’individualità, rafforzando l’idea anacronistica che gli uomini siano i leader e le donne siano solo estensioni del corpo dei loro partner. Con Madison ho dovuto disimparare queste abitudini per poter pattinare da pari. Ho iniziato a occupare più spazio sul ghiaccio, mi sono concentrata di più sul mio pattinaggio e, così facendo, sono migliorata. Libera dall’obbligo di trattare un partner maschile come il mio centro di gravità, ho potuto finalmente sentire me stessa».

Secondo Papadakis, una rappresentazione dei ruoli uomo-donna più moderna e autentica sarebbe un grande passo avanti per raggiungere un pubblico giovane e per coinvolgere più pattinatori. «Penso a tutti i talenti che stiamo perdendo e a quelli che riacquisteremmo: uomini più bassi che amano ballare, ragazze alte e muscolose la cui forza potrebbe essere celebrata anziché nascosta, pattinatori che non si riconoscono nelle attese espressioni di genere ma hanno comunque cose da dire». Un altro motivo per cui sarebbe importante sdoganare le coppie dello stesso sesso è che nel pattinaggio di figura i ragazzi sono molti di meno rispetto alle ragazze e questo crea un significativo squilibrio di potere a favore dei primi.

Un ambasciatore della parità di genere nello sport è l’azzurro Giorgio Minisini, campione di nuoto artistico che ha dato un enorme contributo alla crescita della disciplina: anche grazie ai suoi successi nel 2015, è stato consentito agli uomini di prendere parte alle competizioni internazionali. Dal 2022 sono state introdotte le gare individuali maschili ai campionati europei e, l’anno dopo, a quelli mondiali, fino a Parigi 2024 quando, per la prima volta, è stata data la possibilità – non sfruttata da nessun Paese – di introdurre uomini nella squadra olimpica.

«Penso che nello sport sia interesse di tutti cercare di coinvolgere entrambi i sessi, perché escludere metà del genere umano significa privarsi di metà delle possibilità», ci dice. «Questo lavoro, però, non va fatto superficialmente, ma valorizzando l’inclusione. Nel nuoto artistico, per esempio, a livello di regolamenti l’integrazione c’è: quello che manca è la cultura, perché ancora adesso la maggioranza degli allenatori vede gli uomini come un corpo estraneo, da tenere lontano. Bisogna lavorare di più sulla formazione e fare in modo che questo elemento di diversità diventi un valore aggiunto e non qualcosa che spaventa».

Minisini, che oggi si è ritirato dalle competizioni ma che continua a impegnarsi attivamente per il nuoto artistico, sostiene che sia arrivato il momento di premiare il rischio e l’innovazione, perché anche da lì passa l’evoluzione della disciplina. Pur conoscendo le resistenze del suo ambiente, il suo sguardo sul futuro resta ottimista: «Il fatto che lo sviluppo sia lento non significa che non avvenga. So quanto l’attesa di certi cambiamenti possa essere esasperante, ma so anche che poi il risultato ripaga di tutto. È importante continuare a guardare al mondo che si vuole costruire un passo alla volta e che gli atleti facciano sentire la loro voce per rendere migliore il loro percorso e quello di chi verrà dopo di loro».

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