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Il conflitto Russia – Ucraina tra fake news e propaganda

La lotta alla disinformazione in guerra è sempre più complessa e progetti come IDMO e VoxCheck sono cruciali per  contrastare fake news e propaganda, promuovendo l’alfabetizzazione mediatica. Ce lo racconta Liza Tkachenko, junior analyst per VoxCheck

«Niente può più impressionarmi, adesso». Esordisce così la giornalista Liza Tkachenko dopo due anni di lavoro come junior analyst per VoxCheck, un progetto di Vox Ukraine, attraverso cui ogni giorno si trova davanti esempi di propaganda russa e disinformazione da contrastare. VoxCheck ha riscontrato 13mila casi di disinformazione attraverso i media anche in sei Paesi europei, tra cui l’Italia, da quando è scoppiata la guerra. Per Tkachenko, la disinformazione russa è sempre più sofisticata, soprattutto quella che passa per i canali Telegram. L’app è usata sia dai russi che dagli ucraini, ma i primi spesso la sfruttano per diffondere notizie che, pur apparendo credibili, nascondono narrazioni pro-Russia. Secondo la giornalista, uno dei casi più preoccupanti è stato quello riguardante Avdiïvka, città vicina a Donetsk, dove erano presenti numerose milizie russe. Un video falso diffuso su internet con alcune dichiarazioni dell’ex generale dell’esercito ucraino, Valerij Zalužnyj, ha seminato paura tra la popolazione locale​: «Si trattava di un video in cui Zalužnyj diceva: “Dobbiamo arrenderci ad Avdiïvka. Non possiamo resistere in queste condizioni. Dobbiamo solo arrenderci”. Ha avuto, credo, una cattiva influenza sulla società civile di quella città. E anche su altri ucraini che hanno visto questo video su TikTok o su YouTube, perché la situazione lì era molto difficile».

Contro la disinformazione in guerra: il ruolo delle piattaforme social

Taylor Swift che invita a votare Donald Trump, Kamala Harris vestita da generale comunista, il presidente ucraino Zelensky che balla con un vestito rosso. Oggi i social media e internet giocano un ruolo cruciale nella diffusione della disinformazione, amplificandola e permettendo che raggiunga velocemente milioni di persone. Piattaforme come Facebook, Twitter, Instagram, TikTok e Telegram sono diventate canali privilegiati per la diffusione di notizie false, spesso senza che vengano applicate misure di moderazione adeguate. Un esempio significativo è ancora una volta emerso nel contesto della guerra in Ucraina, quando i contenuti pro-Russia, inclusi deepfake e narrazioni propagandistiche, si sono diffusi a macchia d’olio su queste piattaforme. TikTok, in particolare, è stata segnalata come una fonte di disinformazione, grazie alla diffusione di video manipolati o contenuti generati dall’intelligenza artificiale che confondono gli utenti. La capacità delle piattaforme di moderare o identificare contenuti falsi è stata spesso criticata. La mancanza di regolamentazioni chiare e l’influenza dei profili falsi ha contribuito ad accrescere la portata della disinformazione.

Il lavoro di Idmo 

Diventa così fondamentale il ruolo di progetti come l’Italian Digital Media Observatory, finanziato dalla Commissione europea con l’obiettivo di contrastare la disinformazione attraverso la promozione di alfabetizzazione mediatica e fact-checking. Come sottolineato da Gian Marco Passerini, parte del team, Idmo collabora con diversi partner nel settore dei media, tra cui Ansa, NewsGuard e Pagella Politica, per monitorare e analizzare la diffusione di fake news in Italia. Una delle attività chiave di Idmo è il lavoro di media literacy, in particolare nelle scuole superiori, per insegnare a riconoscere le fake news, insieme a un costante monitoraggio della disinformazione online grazie alla collaborazione con diverse realtà.

Disinformazione e propaganda nei contesti di guerra

La disinformazione in guerra è uno strumento potente, che può portare a conseguenze gravi: durante il conflitto tra Russia e Ucraina, è ampiamente utilizzata per minare il morale del nemico, destabilizzare la popolazione e creare confusione. Nel caso della Russia, la cosiddetta guerra dell’informazione si è concentrata sulla diffusione di notizie manipolate sui successi militari, crimini di guerra e decisioni politiche. Uno degli esempi più evidenti è la produzione di deepfake, utilizzati per far sembrare che leader politici abbiano pronunciato dichiarazioni che in realtà non hanno mai fatto. 

Il caso dell’Ucraina

Video creati attraverso l’intelligenza artificiale o fake news potrebbero sembrare irrilevanti, ma in un contesto di guerra possono avere un’influenza sulle persone molto più significativa di quanto si pensi. Tkachenko ha inoltre spiegato come la propaganda russa abbia cercato di distorcere i fatti riguardo gli attacchi missilistici su obiettivi civili, come nel caso di un attacco all’ospedale pediatrico Okhmatdyt di Kiev. La propaganda ha inizialmente attribuito le responsabilità  a missili ucraini, ma successive indagini indipendenti hanno rivelato che si trattava di un razzo russo: «I russi hanno iniziato un’enorme ondata di propaganda», creando anche un video con un medico e un poliziotto che facevano ricadere la responsabilità sugli ucraini. «C’era sangue, c’erano feriti. E hanno anche creato un video con dei soldati. Molti razzi sono stati lanciati, ma era chiaro che si trattasse di razzi russi perché un’indagine ha mostrato che sui pezzi trovati dai nostri poliziotti c’erano alcuni numeri riconducibili alle armi russe. Mi ha colpito anche perché è stata un’enorme ondata di propaganda e i fake erano davvero tanti. Una delle cose più interessanti è che, in primo luogo, i russi hanno detto una cosa, per esempio che si trattasse di un razzo ucraino. Come se non fossero stati loro. Successivamente,  hanno ritrattato ammettendo che alcuni razzi erano russi. Più tardi, altri canali Telegram hanno scritto che invece la responsabilità non era dell’esercito russo. Si è cercato di confondere la gente, di confondere la stessa popolazione russa». Questa strategia di confusione deliberata ha l’obiettivo di far desistere le persone dal cercare la verità, lasciandole in uno stato di disorientamento.

La disinformazione, soprattutto in contesti di guerra, è diventata uno strumento potente per manipolare l’opinione pubblica e alterare la percezione della realtà. La diffusione di fake news attraverso i social media ha incrementato questo problema, rendendo difficile per il pubblico distinguere tra verità e manipolazione. Iniziative come quelle di Idmo e VoxCheck sono fondamentali per contrastare queste tendenze, ma la sfida resta enorme. Nell’era digitale, la disinformazione si è evoluta in un problema globale che colpisce società e governi, soprattutto in situazioni di crisi e guerra. La disinformazione è poi spesso confusa con la propaganda; esistono però differenze sottili, ma importanti da chiarire. Mentre la propaganda tende a essere selettiva nell’uso delle informazioni per promuovere un’ideologia o un’agenda politica, la disinformazione ha lo scopo esplicito di creare caos, incertezza e sfiducia nella popolazione. In contesti di guerra, come nel caso del conflitto tra Russia e Ucraina, la propaganda e la disinformazione si sovrappongono frequentemente. Tuttavia, la prima tende a promuovere una narrativa nazionale e specifica, mentre la seconda cerca di seminare divisioni e indebolire il morale avversario attraverso la distorsione dei fatti​, con risultati sempre più inquietanti.

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