Il mondo musicale, ad oggi, sembra andare al passo con le tendenze del mondo politico e lavorativo, mostrando una diseguaglianza di genere che colpisce non solo chi gestisce la musica fuori dal palco ma anche chi la musica la vive in prima linea. Dai produttori agli artisti, le donne sono sempre in minoranza. In occasione di Poplar, il festival musicale e culturale di Trento, abbiamo intervistato la rapper e cantante svizzera Ele A per conoscerla meglio e per chiederle cosa ne pensasse della disparità di genere.
Eleonora Antognini, in arte Ele A, è nata nel 2002. Cresce in un ambiente influenzato dalla musica grazie ai genitori, insegnanti di musica, ma si appassiona al rap e crea la propria identità musicale, differenziandosi dal mondo che l’ha cresciuta.
Intervista a Ele A, la rapper in ascesa nel panorama italiano
Com’è stato crescere in una famiglia di musicisti? E, in particolare, cosa pensi abbia influenzato così tanto il tuo passaggio dal violoncello, più classico, allo stile che adesso ti rappresenta?
«Sono sempre stata affascinata dall’hip hop e ho ascoltato un pezzo rap per la prima volta in terza elementare. Era Tranne Te di Fabri Fibra e da lì è stato tutto un crescendo, in cui mi appassionavo al rap mentre ancora suonavo il violoncello. Non posso spiegarlo nel dettaglio proprio perché è stato un processo del tutto naturale».
Neffa ti ha definita rivoluzionaria perché riesci a distaccarti dai soliti cliché che riguardano la ricerca di lusso e di ricchezze, condannando un mondo a cui eri destinata e che ti avrebbe annoiata. Come hai sviluppato questo tuo pensiero?
«Lusso e ricchezze sono un grande stereotipo che accompagna l’hip hop da sempre. Spesso i testi più famosi, all’apparenza, risultano quelli più frivoli ma basta scavare a fondo per capire che non è mai stato così. A volte veicolano un messaggio importante, altre volte basta ascoltare l’album di un artista per ricredersi immediatamente sul messaggio che porta. Ho forte rispetto per la cultura hip hop, tanto che voglio essere il più real possibile, parlando quindi della mia realtà nei testi che scrivo. Parlo della mia vita e della mia quotidianità, motivo per cui faccio fatica anche a comprendere i ghost writer. Io voglio essere sincera al cento per cento, e per esserlo devo mettere io le mani nei miei testi».
Sei molto giovane, eppure i tuoi brani si differenziano molto da ciò che cantano i colleghi della tua età. Tu come vivi questa cosa? Ti senti molto lontana da loro?
«Penso che in verità la nuova scena sia molto più matura di ciò che sembra, è affascinante il mondo in cui dipinge la realtà. Apprezzo molto Tony Boy, che racconta il mondo con una vulnerabilità che mi piace molto. E sono dell’idea che, come per il rap del passato, bisogna sempre scavare a fondo. I pezzi più mainstream diventano i più ascoltati perché veicolano un messaggio in una maniera molto semplice, arrivando a tutti gli ascoltatori. Mentre basta ricercare qualche pezzo meno famoso per scoprire come tutti cercano di raccontare qualcosa nelle proprie canzoni».
In Nodi affermi di fidarti «solo dell’ombra riflessa sul marciapiede». In un mondo in cui la paura è dietro l’angolo, com’è il tuo rapporto con la fiducia? Sei una persona che si fida degli altri o hai delle reticenze?
«La mia generazione ha molta più difficoltà nel fidarsi rispetto al passato, viviamo in un mondo pieno di fake news e a volte si fatica a capire se qualcosa è stato realizzato in maniera autentica o se è solo frutto dell’intelligenza artificiale.
Come dice Bauman, viviamo nel mondo della modernità liquida, in cui è difficile trovare dei punti fissi, perché ci sono degli ambiti in cui non si è mai sicuri di nulla. Ma io sono convinta che tutti abbiano uno scanner interno che mostra loro di chi possono fidarsi. Certo, non tutti sono bravi a scegliersi le persone da avere accanto, ma a volte basta guardare qualcuno negli occhi per capire se sta dicendo la verità. Se mi fido lo faccio completamente, ma questo non significa che mi appoggio agli altri perché non voglio andare giù con qualcuno se capita che questo possa andare via. Mi fido degli altri, ma mi fido anche di me stessa».
Molto spesso la FIMI [Federazione Industria Musicale Italiana, ndr] ha evidenziato nelle sue classifiche che gli artisti più ascoltati sono uomini. Come vivi questo fatto? Senti che tu e le tue colleghe gareggiate in un campionato a parte? E che, in generale, ci sia discriminazione nei vostri confronti?
«Non sento il peso di dover gareggiare con gli uomini ma apprezzo il fatto che oggi nel pop italiano ci siano sempre più donne che stanno facendo successo. Ad esempio, il pezzo più ascoltato di questa estate è stato di Anna, che mi ha resa fiera come donna ma soprattutto come rapper. In generale, che sia uomo o donna, a me rende felice vedere artisti e brani rap arrivare in classifica e venire ascoltati da più persone possibili: è sempre un grande traguardo.
Io amo la musica in generale, a prescindere dal genere della persona che la sta componendo, e penso che questa divisione venga fatta dietro le quinte, per creare appunto delle classifiche. Nella realtà, però, il genere di chi scrive o canta conta davvero poco quando si creano dei pezzi che funzionano bene e che veicolano dei messaggi giusti. Sicuramente oggi essere donna e fare rap è molto più facile perché c’è poca competizione ma, allo stesso tempo, ci sono ancora dei pregiudizi che derivano da quegli anni in cui il rap veniva considerato un genere da uomo; pregiudizi che andranno via con il tempo.
Bisognerà aspettare ancora un po’, soprattutto nel rap, per venir fuori ma esempi come Anna, che ha sfondato nel suo genere, fanno sì che le giovani di oggi abbiano come idoli delle italiane, a differenza di un passato in cui si doveva prendere spunto da icone estere come Lil Kim, e si sentano non solo più rappresentate ma anche maggiormente spinte a far parte del mondo della musica. Per me la musica non ha genere, la amo così com’è».
La disuguaglianza di genere nell’industria musicale
A inizio 2020, la Annenberg Inclusion Initiative ha redatto uno studio sulla disuguaglianza di genere nell’industria musicale, in collaborazione con la University of Southern California. Negli Stati Uniti, meno del 3 per cento dei produttori musicali e meno del 13 per cento di cantautori sono donne. Da una ricerca di Equaly (la prima realtà italiana che si occupa di parità di genere) è invece venuto fuori che negli uffici la ripartizione tra uomini e donne arriva quasi al 50 per cento, mentre considerando nei ruoli di dirigenza la presenza femminile scarseggia o è vittima del gender pay gap. Dal lato artistico, le produttrici sono soltanto il 2 per cento e le autrici e interpreti sono tra il 10 e il 15 per cento.
La FIMI ha redatto, come ogni anno, una classifica dei top cento album e dei top cento singoli del 2023. Salta subito all’occhio come non ci sia nessuna donna nei primi dieci posti dei dischi più venduti dell’anno: si sale a due soltanto se ci si sposta nella top dieci dei singoli più venduti. In Italia le donne arrancano, mentre all’estero sono riuscite a farsi spazio e a dominare le classifiche musicali: basti pensare a personaggi come Miley Cyrus, SZA e Taylor Swift. La stessa Taylor Swift è stata nominata persona dell’anno dal Time per i suoi numerosissimi successi.
Stanno davvero cambiando le cose?
Mentre il 2023 vedeva soltanto Elodie con Respira nella classifica dei top venti album e nessuna donna nella top cinque singoli, con Vetri neri di AVA, Anna e Capo Plaza al sesto posto, il 2024 si apre in maniera diversa. Nella top venti album troviamo Loredana Bertè con Ribelle, Emma con Souvenir e Annalisa con E poi siamo finiti nel vortice. Mentre la top dieci singoli vede Apnea di Emma, Pazza di Loredana Bertè, Click Boom! di Rose Villain e al quarto e al terzo posto Angelina Mango con La Noia e Annalisa con Sinceramente. La presenza delle figure femminili è quindi in netta crescita.
È l’estate del 2024 che porta un vero e proprio slancio delle artiste femminili nelle classifiche italiane. La top cento album è dominata da Anna con Vera Baddie e al primo posto della top cento singoli c’è Sesso e samba di Tony Effe e Gaia. Nonostante questo, le donne sembrano essere costantemente “vittime” dei featuring. Dunque, la loro presenza nelle classifiche è sì aumentata, ma spesso le loro voci accompagnano figure maschili, annullando in parte i passi avanti fatti nel campo solista.