La storia della musica italiana è sempre stata intrinsecamente legata alla Città eterna. Nino Manfredi e Lea Massari l’hanno invitata a nun fa’ la stupida stasera nel loro celeberrimo 45 giri del 1963, estratto dall’opera Rugantino. Antonello Venditti ne ha elogiato la magnificenza con «quanto sei bella Roma quann’è sera». Renato Rascel – nel popolare brano Arrivederci Roma – si è immaginato nei panni di un turista in procinto di lasciarla, dopo aver ammirato per un’ultima volta i suoi sette colli. La culla della Storia, quella con la S maiuscola, ha influenzato generazioni di cantautori che tra i suoi vicoli, le sue piazze e i suoi abitanti si sono formati. Questa influenza continua tuttora, come ci raccontano le cantautrici Ditonellapiaga, Margherita Vicario e Rebecca Antonaci. Tre donne, tre voci rappresentative della Roma (in musica) contemporanea, tre artiste che hanno lasciato che Roma ispirasse e tingesse di nuovi colori la loro produzione musicale, confrontandosi, scontrandosi, amando e mettendo in discussione ogni loro nota, parola e respiro.
«Roma è una città strabordante e straripante, anche di arte. Senza volerlo finisci per assorbirla, soprattutto da un punto di vista estetico», racconta Margherita Carducci, che nel 2021 ha lanciato il progetto Ditonellapiaga. «Ha anche una luce romantica, perfetta per tutte quelle narrazioni d’amore con esito positivo o negativo [ride, ndr]. Questa sua luce morbida ispira delle sonorità avvolgenti che riguardano anche la mia musica. Come mi ha ispirato? Attraverso gli spazi che mi ha concesso per fare musica, in primis il mio liceo, il Mamiani. Mi ha dato la possibilità di suonare con i miei amici alle riunioni, alle assemblee, alle feste. E poi le jam session, che mi hanno permesso di cimentarmi con la musica dal vivo e davanti ad un pubblico».
«Roma è il luogo in cui mi sono esibita ed espressa musicalmente per la prima volta», aggiunge Margherita Vicario. «Il mio primo disco lo ha prodotto Roberto Angelini, che è un grande esponente della scuola romana. Mi hanno influenzata il suo caos fruttuoso e la sua disordinata libertà». Pure per Rebecca Antonaci – protagonista dell’ultimo film di Saverio Costanzo, Finalmente l’alba – Roma ha sempre esercitato una forte attrazione: «La sua energia, vitalità e diversità hanno acceso il mio percorso artistico. Non è il posto in cui sono cresciuta, un luogo da poter chiamare casa, ma avendo una parte di famiglia in città ho avuto modo di conoscerla fin da piccola. Mi sono meravigliata di quanta varietà e diversità ci sia all’interno di Roma, ogni quartiere e ogni zona hanno la propria estetica, le proprie tradizioni, il proprio linguaggio e chi più ne ha ne metta! È come se all’interno di una sola città ci fossero tante culture diverse, unite da un filo comune».
Sui luoghi del cuore non ci sono dubbi. Per Antonaci, «il quartiere Pigneto e in particolare la Certosa, al suo interno, occupano un posto speciale nel mio cuore. Ho vissuto lì per parecchi mesi durante le riprese del mio primo film. Ricordo che trascorrevo ore a passeggiare per via del Mandrione e per tutte le zone limitrofe, ascoltando e scrivendo musica. La mia primissima canzone si chiama Sui tetti di Roma ed è nata proprio sui tetti di una di quelle case. Se ci non fossi mai salita, magari non avrei trovato l’ispirazione per scriverla. Magari durante l’adolescenza mi sarei appassionata ad altri ambiti e sarebbe andato tutto diversamente… chissà», aggiunge.
Ditonellapiaga sceglie piazza Socrate: «Per me è la vista più bella su Roma. Lo so, ci sono il Gianicolo, il Giardino degli Aranci eccetera, ma la vista da piazza Socrate è a un livello giusto di altezza. Le terrazze sono sempre troppo in alto o troppo lontane per vedere bene le cose. Ti dico anche via Silvio Pellico, vicinissima a dove sono cresciuta e dove mi sono formata, e l’ex Circus – che purtroppo ha chiuso i battenti – vicino al Bar del Fico. È stato lo spazio dove mi sono formata per i piccoli concertini prima che nascesse il progetto Ditonellapiaga, sperimentando e apprendendo cosa significasse cantare dal vivo». Vicario, invece, si sposta all’Esquilino: «Vivendo all’Esquilino, mi hanno influenzato zone come Mandela, ma anche il Pincio, su cui ho scritto una canzone che parla del rapporto con mia cugina, che è la mia migliore amica. Nel pezzo mi riferisco alla terrazza di quel quartiere, ma parlo anche della mia adolescenza vissuta tra Nomentana e Monteverde, la distanza tra le nostre due case. Sono luoghi che mi hanno forgiato dal punto di vista sociale e culturale: penso al centro sociale Brancaleone, al Circolo Arci Angelo Mai e al Teatro Centrale. Ti cito pure un localino in Trastevere, Ombre Rosse».
Spesso e volentieri se si pensa al fulcro della musica, l’obiettivo è puntato (quasi) esclusivamente su Milano. Eppure, la nuova scena musicale romana è viva, presente e fervente, perciò viene spontaneo chiedere cosa dia Roma ai suoi artisti.
«Milano, oggi, è la capitale della musica. Tuttavia non mi sento di poterla paragonare a Roma», confessa Antonaci. «Sono due città completamente diverse e ognuna delle due ha tanto da offrire. Roma – per come ho imparato a conoscerla – è una città molto spontanea. Mi dà l’idea che ci siano poche sovrastrutture in generale, tanta musica fatta innanzitutto per amore di quest’ultima. Anche per quanto riguarda la musica dal vivo offre tanto e il pubblico è molto interessato agli eventi musicali della città. È una piazza a parte, che si difende bene, con le proprie regole che non si basano su uno studio assiduo del mercato musicale, ma più sulla voglia di fare e condividere le canzoni. Ha una estetica che solo a guardarla ti viene voglia di scriverci sopra una canzone, una poesia, un racconto». Ditonellapiaga pensa che Milano rimanga la regina del settore musicale. «Nella Capitale la vita è più spensierata, più lenta, serena e godereccia. E poi trovo che a Roma sia rimasta ancora un certo tipo di musica dal vivo: quello che non deve essere per forza il mega-concerto o la mega-produzione. Si possono trovare jam e situazioni in cui la gente inizia a improvvisare». Vicario conclude usando parole molto simili: «È molto più seduta, pigra, malinconica e anche viziata. È di una bellezza paralizzante e quindi ha ispirato sicuramente degli artisti anche meno ironici e più profondi, ma non solo. Roma non ti chiede quasi mai di andartene da lei, ci vuoi sempre tornare ed è ancora una meta mondiale innegabilmente appagante».