La musica come vettore di rilancio del territorio. È con questo spirito che dal 12 al 15 settembre torna l’ottava edizione di Poplar Festival, con cui Prismag collabora con contenuti speciali. Il festival nasce nel 2017 a Trento con l’obiettivo di «smuovere gli equilibri in città, in modo fresco e innovativo, per creare spazi di contaminazione socio-culturale, confronto intergenerazionale e dialogo adatti a ognuno». Anche quest’anno, l’evento vedrà protagonisti artisti di grande spessore: da Fulminacci ad Apparat, passando per Yung Lean, Mount Kimbie, i Jersey, EV, Sofia Kourtesis, Zimmer90 e poi Pufuleti, Yin Yin e tanti, tanti altri fino alla domenica con i Viagra Boys, i Fat Dog, le Los Bitchos, le Lambrini Girls e non solo.
Una selezione variegata (qui tutto il programma) che rispecchia l’internazionalità dell’edizione 2024, intitolata “No Geography”. Un’edizione che non solo amplia ancor di più il suo sguardo in termini geografici, ma raddoppia: sì, perché una delle grandi novità è il secondo stage, che permetterà alla lineup di essere ancor più grande e di avere il doppio delle band. Un’altra novità che renderà Poplar ancora più immersivo è che per la prima volta ci sarà un camping: si potrà campeggiare in tenda, camper o chalet ai piedi dei monti della Paganella e vicinissimi ai laghi di Lamar, per stare ancora più immersi nello spirito dell’evento.
La manifestazione, dove saremo presenti con un gazebo negli spazi dedicati, è organizzata da un gruppo di giovani under35 «che procedono senza protezioni verso un sogno condiviso senza la paura di sperimentare e di battere nuove vie, creando connessioni, avvicinando i confini», si legge sul loro sito. Ragazzi che, nel 2017, erano ancora studenti all’Università di Trento. «Trento è una città che ti dà tanto come studente dal punto di vista accademico, ma che a livello di vita sociale e culturale ha fatto dei passi avanti solo negli ultimi anni», ci raccontano gli organizzatori. «Per questo ci siamo uniti e abbiamo cercato di proporre un evento per la nostra generazione che potesse da un lato dimostrare che i giovani possono essere parte attiva sul territorio, dall’altro proporre un contenuto che fosse culturale, di livello, un’alternativa al sabato sera al bar o in discoteca».
Tutto parte nel 2017 con una giornata al parco gratuita. Il riscontro è subito positivo. «Siamo tutti volontari, è un progetto popolare, un festival no profit, crediamo sia questo ciò che lo differenzia dagli altri: è un evento in cui ci sono ogni anno oltre 250 volontari si mettono insieme, dedicando il loro tempo alla riuscita della kermesse. Più che un festival, infatti, ormai è una comunità di persone, tante, che magari hanno studiato qua, che poi sono andate a lavorare altrove e che ogni anno poi si ritrovano per fare qualcosa di bello».
Nel corso degli anni, il festival ha subito varie evoluzioni. «È passato da una giornata nel parco a una quattro giorni che ha visto protagonisti artisti come i Pinguini tattici nucleari agli esordi, i Canova, l’immancabile Pop X e cantanti di fama internazionale». L’evento si svolge al Parco naturale del Doss, su una collinetta sospesa sulla città, un posto bellissimo, iconico, un’area protetta. «Ci piace l’idea di portare le persone in una dimensione legata al territorio», dicono.
A evolversi, nel corso degli anni, anche il pubblico del festival. «Inizialmente, erano perlopiù universitari, poi abbiamo cercato di costruire una proposta che fosse sempre più strutturata e, soprattutto, trasversale. Le serate, infatti, sono molto tematiche. Quest’anno, per esempio, la prima ospita Yung Lean ed è molto spinta sul rap. La seconda sarà molto elettronica con Apparat, fino ad arrivare a sabato, che sarà più incentrato sul pop italiano, con Fulminacci, per esempio. Infine, la domenica è più rock e vede nomi come i Viagra Boys. Grazie a questo approccio siamo riusciti a intercettare un pubblico molto variegato che viene da tutta Italia. I dati che abbiamo a disposizione ci dicono che un 50 per cento dei partecipanti viene da fuori Trento, in particolare da Milano. E l’età media è di circa 30 anni».
Trento, d’altronde, è una città molto viva e amata da chi organizza e partecipa a Festival. Lo dimostra la mole di eventi che ogni anno la città ospita. «La location influenza tantissimo l’esperienza: un posto così è unico e identitario, non lo trovi ovunque in Italia. Quando fai la salita per arrivare al festival ti sembra di essere in montagna, poi arrivi e ti ritrovi a Berlino. La manifestazione ha avuto il merito anche di stimolare progetti simili: qualche anno dopo Poplar, per esempio, è nato Otium, un festival nato da liceali con lo stesso spirito».
Una manifestazione con al centro la musica e i giovani, ma che non perde di vista il territorio in cui è nata. «Grazie alla nostra rassegna culturale, ospitiamo varie realtà del terzo settore, il che favorisce sinergie e collaborazioni importanti per l’area che restano anche dopo la fine del festival. Inutile dire, poi, che l’impatto è rilevante anche dal punto di vista economico, grazie a tutte le persone che in quei giorni affollano Trento. Questo, per esempio, è il primo anno che abbiamo un camping e i numeri sugli afflussi sembrano molto promettenti».
«Poplar unisce centinaia di giovani volontari under30 nella realizzazione di un sogno collettivo, autentico e dedicato a tutte e tutti», si legge sul sito del festival. Una caratteristica, quella di essere tutti ragazzi e ragazze, che può rivelarsi un’arma a doppio taglio: «L’aspetto positivo è che puoi permetterti di testare le cose sulla tua pelle senza che ci sia qualcuno che ti sgridi e ti dica: “No”. Alla fine, se necessario, ti sgridi da solo. Guardando ai lati negativi, credo che Poplar non sarebbe potuto crescere così tanto in un territorio diverso dal Trentino perché è un’area in cui viene dato tantissimo spazio al terzo settore. Oltre a ciò, finché non siamo diventati grandi c’era la tendenza a non prendere troppo sul serio la nostra realtà perché eravamo giovani. Un atteggiamento, questo, che abbiamo riscontrato soprattutto da parte dei partner privati».
Ma il grande protagonista di quest’anno è senza dubbio la possibilità di campeggiare. «Abbiamo questa convenzione con l’area camping Laghi di Lamar perché la manifestazione si svolge all’interno un’area protetta, dove non si può campeggiare. Trento è una città piccola, fa già un grande sforzo per sostenere quattro giorni di un festival di questa portata: non volevamo abusare del supporto degli abitanti portando anche un campeggio con tante persone all’interno della città. d’altronde, deve pur sempre rimanere una manifestazione sostenibile e a misura della città. Il camping è a 15 minuti dal Doss e anche grazie alla collaborazione con l’APT di Trento [ente turistico locale, ndr] siamo riusciti a mettere a disposizioni navette gratuite che faranno da spola tra il camping, la stazione e l’ingresso del festival».
Parola d’ordine, quindi, sostenibilità. Un aspetto cui gli organizzatori di Poplar tengono molto. «Al Doss si accede tramite una passeggiata immersi nella natura, un itinerario che è parte dell’esperienza immersiva: si conoscono persone nuove, ci si prepara alle attività del festival, è un assaggio dell’atmosfera che si respirerà poi di sopra. Se ci sono richieste specifiche, cerchiamo di tutelare tutte le necessità. Ed è per questo che invitiamo le persone ad arrivare in bus o in treno, anche perché l’ingresso del festival è a dieci minuti a piedi dalla stazione dei treni e a neanche cinque da quella delle corriere. In questo senso, possiamo dire che l’evento ha incentivato tantissimo il turismo sostenibile. Poi, ovviamente, abbiamo abolito la plastica, usiamo solo bicchieri riutilizzabili, forniamo l’acqua gratis e abbiamo messo in piedi tanti altri piccoli accorgimenti che poi tanto piccoli, forse, non sono».