Un giro al supermercato, un giorno come un altro. Un volantino cattura l’attenzione di Rina, un’anziana milanese. Dà una lettura, non esclude la possibilità di approfondire. La ritiene un’opportunità interessante: si chiama cohousing per anziani, ospitare giovani studenti e lavoratori a casa propria, in cambio di compagnia e scambio intergenerazionale. «Così non vengono presi per il collo da chi abusa delle loro possibilità», pensa.
Considerare l’anzianità un ospite fastidioso è un errore: è un’occasione e poterla vivere è un privilegio. Un privilegio che, grazie al contributo della medicina, sempre più persone possono esperire. Ma se la medicina tende la mano al benessere fisico, quello sociale, spesso, non ha la stessa attenzione. Non è vero – non lo è mai stato e ora stiamo iniziando ad accettarlo – che l’importante è essere in salute. O meglio, non lo è se pensiamo che la salute sia solo una questione fisica. Costituzione dell’Organizzazione mondiale della Sanità alla mano. Prima pagina. «La salute è uno stato di completo benessere, non solo fisico, ma anche mentale e sociale. Non si tratta solo di assenza di malattia o infermità». È importante tener conto di tutti e tre gli aspetti del benessere. Ma lo facciamo abbastanza?
Una ricerca di Ipsos del 2022 può darci qualche risposta. Il 72 per cento degli intervistati italiani aveva detto di pensare al proprio benessere fisico molto o abbastanza spesso. Al proprio benessere mentale, invece, solo il 51 per cento.
Ma ora, un passo indietro. Torniamo alla storia di Rina. Quando decide di partecipare all’iniziativa non è passato molto tempo dalla lettura del volantino. L’associazione a cui si rivolge è MeglioMilano e propone un progetto di coabitazione intergenerazionale tra anziani e studenti o lavoratori non residenti a Milano. Si chiama Prendi in casa e dal 2004 ha proposto più di 650 abbinamenti tra anziani e giovani. Per partecipare, a questi ultimi non è richiesto il pagamento di un affitto, ma un rimborso di circa 250 euro per l’occupazione della stanza e per i costi di acqua, luce e gas.
A oggi, dopo poco più di quattro anni dall’inizio della sua partecipazione, Rina ha ospitato quattro ragazze. E a Prismag racconta la sua esperienza. «Non avevo bisogni economici o di compagnia. Però a livello tecnologico i giovani sono più sciolti e quindi mi aiutano», spiega. «Io sono in funzione dei bisogni degli studenti. La vita quotidiana stessa è in funzione delle loro esigenze». Ora ospita una studentessa ventiseienne che frequenta un master. La loro routine insieme è semplice. «Lei esce di casa intorno alle 10.30. La vedo poco. Ci incontriamo per un saluto e qualche breve chiacchiera. La sera torna intorno alle 20. Ceniamo ognuna per conto proprio, ma è capitato lo facessimo insieme», racconta Rina, che non ha avuto figli, ma sostiene di aver un po’ imparato a conoscere i giovani grazie a questa opportunità. «Apprezzo la loro volontà e il sacrificio di stare lontani dalla famiglia per portare avanti le proprie ambizioni». Si dice felice per aver preso questa scelta. «La consiglierei perché permette di aiutare gli studenti. Ci sono persone che affittano loro stanze a prezzi assurdi». È certa che questo possa sostenere anche gli ospitanti. «Penso a chi ha il desiderio di avere una presenza fisica in casa di notte, per esempio. Magari può aiutare chi si sente solo». E conclude: «Ho avuto modo di andare ad alcuni incontri a cui partecipano sia ospitanti che ospitati e il confronto è stato molto piacevole. Ho conosciuto una signora che ospita due persone alla volta. È molto solare ed è un piacere sentirla parlare. Credo che i ragazzi si sentano molto a loro agio con lei».
Insomma, Prendi in casa dà ai giovani la possibilità di vivere a Milano a prezzi accessibili e agli anziani l’opportunità di sconfiggere la solitudine. Non è però l’unica iniziativa che si muove in questa direzione. Negli ultimi anni si è diffuso il fenomeno del silver cohousing. Si tratta, in breve, di strutture che comprendono sia spazi personali che condivisi, permettendo agli anziani ospitati di vivere la vita di comunità senza rinunciare alla privacy. «Un equilibrio tra autonomia e socialità», come lo definisce Massimiliano Bottaro, direttore della Dimora di Frate Sole, un ex convento situato tra le Dolomiti che offre un cohousing con quattordici posti. «Ognuno ha la propria camera e il proprio bagno, ma può anche accedere agli spazi comuni in cui partecipare ad attività e laboratori», spiega. «Noi garantiamo tutti i servizi alberghieri, come la preparazione dei pasti e il cambio delle lenzuola». Nel mentre, gli ospiti possono cimentarsi nelle loro attività preferite. «Gestiscono un orto, seminano, piantano, si dedicano delle galline, si occupano dei fiori. Organizziamo anche tornei di carte e tombola, laboratori socioeducativi per tenere la memoria in allenamento e tre volte a settimana c’è la ginnastica dolce».
Gli ospiti sono anziani piuttosto autosufficienti, ma che hanno tanta voglia di vivere facendosi compagnia. «Alcuni, per esempio, hanno parenti che abitano lontano da loro e quindi decidono di venire qui per abbattere la solitudine», continua. «Noi ci occupiamo della parte sociale, non sanitaria. Loro non vogliono andare in una casa di riposo perché non ne hanno bisogno. Desiderano solo passare del tempo con altre persone». L’iniziativa è molto apprezzata e ha ospiti provenienti da diverse regioni italiane. «Alcuni erano arrivati con l’intenzione di rimanere solo qualche mese, per un periodo post operatorio, ma si sono sentiti sereni e hanno deciso di restare a tempo indeterminato», dice orgoglioso. «I loro parenti dicono di vederli rinati».
L’importanza del sostegno reciproco, dell’affetto e della vicinanza altrui sono il cuore di queste storie, la testimonianza di quanto le relazioni umane siano un grande alleato della salute. Onorare l’importanza del benessere sociale è un investimento per il futuro, un regalo che tra qualche decennio saremo felici di scartare.