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No, Milano non è Gotham City

Nel capoluogo lombardo i reati legati alla microcriminalità sono in aumento e molti media dipingono la città come un paradiso dell’illegalità; la situazione è però ben diversa, tra reati gravi in costante calo e bisogno di inclusione di aree periferiche

Carlos Sainz, pilota di Formula 1, è stato scippato del suo orologio di lusso in pieno giorno nel Quadrilatero della moda; Chiara Ferragni, influencer e imprenditrice, si è lamentata dei continui furti che subiscono le persone e si è definita «amareggiata della violenza che si percepisce in città»; Milanobelladadio, pagina Instagram piuttosto nota, utilizza i suoi spazi soprattutto per raccontare, in maniera piuttosto violenta, il fenomeno delle borseggiatrici in metropolitana. Su molti mezzi d’informazione Milano è descritta a volte come una città poco sicura, dove i reati sono all’ordine del giorno, arrivando a paragonarla a Gotham City, la città fittizia dell’universo DC Comics in cui la criminalità è talmente elevata che c’è bisogno di un supereroe come Batman per mantenere l’ordine. Quando il sindaco Giuseppe Sala ha partecipato qualche mese fa al video di reunion del trio rap Club Dogo ha sfruttato questo spazio per prendere in giro questa narrazione. Nel piccolo corto si vedono lui e l’attore Claudio Santamaria su un tetto della città che, preoccupati per le continue violenze, devono ricorrere a un segnale luminoso per richiamare degli eroi, un chiaro riferimento al Bat-segnale da utilizzare in situazioni di pericolo: in cielo, però, appare il simbolo della band, annunciandone il ritorno sulle scene.

I dati della sicurezza a Milano

L’idea di una città fuori controllo, condivisa da molte persone nella loro percezione di sicurezza, non è però rilevata dai dati: come segnalato da Renato Saccone, prefetto di Milano dal 2018 al 2023, i reati totali nel primo semestre 2023 sono stati sensibilmente inferiori a quelli del primo semestre del 2008 (117.450 vs 148.088). Se, però, crimini come l’omicidio volontario e quelli legati alle bande armate sono in calo drastico, specialmente da dopo il Covid-19 crescono altri tipi di reati; tra questi, soprattutto quelli legati alla microcriminalità, come lo scippo, tornato ai livelli del 2007 secondo Il Sole 24 Ore. Si tratta di crimini piuttosto visibili e impattanti sulla percezione di sicurezza dei cittadini. «Milano non è una città più pericolosa di altre in Italia, anzi, Roma e Torino sono peggio», dice Mario Furlan, presidente e fondatore dei City Angels, associazione di volontari di strada d’emergenza attiva da trent’anni in città. «Negli anni Novanta Milano aveva un grosso problema di droga, con una presenza massiccia nei tunnel della stazione Centrale di eroinomani e bande armate molto violente. Oggi viviamo un aumento, peraltro non drammatico, di borseggi e molestie, amplificato dall’esistenza dei social che, rimbalzando allarmi da un telefono a un altro, aumentano la percezione di insicurezza della popolazione». 

Le barriere urbane

È altresì evidente che il microcrimine è un fenomeno diffuso principalmente in fasce sociali deboli e a basso reddito; spesso, infatti, gli scippi sono compiuti da giovani immigrati di seconda generazione che vivono in contesti di quartieri periferici, i cosiddetti maranza, crasi tra i termini “marocchino”, che sta a indicare principalmente la provenienza nordafricana di questi ragazzi, e “zanza”, vocabolo da sempre usato a Milano per indicare i piccoli furfanti. Sono ragazzi che non hanno un modo lineare di agire e si trovano di notte in luoghi centrali della città, dove è più facile mettere a segno piccoli colpi; nell’assenza del confinamento di queste persone con difficoltà economiche e di integrazione in quartieri ghetto inaccessibili si può notare un divario italiano, in positivo, rispetto a molte città europee. «In Italia è quasi assente il concetto di quartiere ghetto», racconta Andrea Brambilla, geografo urbano, ora dottorando, «perché l’immigrazione straniera non è mai arrivata da un singolo Paese e i quartieri difficili, soprattutto quelli di edilizia popolare, vedono un forte mix tra chi è arrivato da poco, principalmente stranieri, e anziani italiani, inquilini da molto tempo, che abitano lì fin dai primi piani casa per la classe operaia. Questa sorta di melting pot, in quartieri che si sono sempre ben integrati con il tessuto urbano esistente, ha fatto sì che non si creassero né una barriera fisica né una di appartenenza comunitaria, quella autoesclusione propria dei quartieri ghetto di realtà come Parigi». 

Sicurezza a Milano e percezione

Non si può però derubricare la percezione di sicurezza delle persone a pura irrealtà; se sono aumentate – come detto da Furlan – le donne che chiedono ai City Angels di essere accompagnate a casa è perché la popolazione ha un bisogno inespresso, che va ascoltato. La sicurezza percepita è poi spesso influenzata da come è tenuto un quartiere; bisogna occuparsi dello spazio pubblico, curandone il verde e l’illuminazione. Passeggiare in un luogo brutto e mal tenuto genera sempre ansia in chi deve attraversarlo. «Come Comune di Milano abbiamo due cose principali che possiamo fare», spiega l’assessore alla Sicurezza, Marco Granelli. «In primo luogo dobbiamo aumentare l’organico della polizia locale, in modo da avere più agenti di prossimità che stiano di notte nei quartieri, generando più sicurezza nei cittadini a piedi. Di concerto, bisogna migliorare la cura degli spazi pubblici, a partire dalla manutenzione ordinaria, che si è persa con l’esternalizzazione degli appalti, fino ad arrivare alla riqualificazione strutturale di determinati quartieri, anche con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Riqualificando è necessario muoverci in un sistema di partenariato pubblico-privato, mantenendo case a canone concordato, per non subire un’eccessiva gentrificazione delle aree soggette agli interventi».

Provare a migliorare la percezione delle persone è una sfida difficile: è quasi impossibile in una grande città, infatti, ridurre il microcrimine a zero. È necessario affrontare ansie e insicurezze dei cittadini, che hanno paura a vivere Milano di notte, senza però dimenticarsi di associare la percezione ad alcuni dati di realtà: la Milano di oggi è, per tutte le fasce di popolazione, un posto migliore in cui vivere rispetto a quella di trent’anni fa, e non c’è bisogno di Batman per risolverne i problemi.


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