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Le teorie del complotto sugli incendi californiani

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Mentre Los Angeles brucia, crescono le voci che alimentano sospetti e teorie controverse, mettendo in dubbio le cause e responsabilità reali di questo tragico evento

Il 2025 è iniziato da soli due mesi, ma per gli Stati Uniti si delinea già uno scenario completamente trasformato. L’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca ha riacceso polemiche tra i suoi oppositori, suscitando critiche in seguito alle prime decisioni prese da presidente e tensioni con i governi esteri. A complicare il quadro, la crisi climatica continua a manifestare i suoi effetti devastanti sul territorio statunitense. Nei primi giorni di gennaio le immagini di intere aree di Los Angeles ridotte in cenere dagli incendi hanno fatto il giro del mondo. Pacific Palisades, uno dei quartieri residenziali più esclusivi della città, è stato devastato da un rogo che ha distrutto l’area che si estende dalla collina fino all’iconico lungomare della Highway 101.

I video che mostrano i resti carbonizzati delle ville di Palisades, molte delle quali di proprietà di celebri nomi dello star system hollywoodiano, sono diventati virali sui social media. La rapidità con cui le fiamme si sono propagate è stata favorita dai venti di Santa Ana, correnti d’aria provenienti dalle zone desertiche degli Stati Uniti, ben noti ai californiani per la loro intensità e il calore soffocante. Una situazione che ha reso molto difficili le operazioni delle numerose squadre di pompieri provenienti da tutto il Paese e dal Messico. Questa catastrofe naturale è stata definita dagli scienziati effetto whiplash, colpo di frusta causato da un passaggio repentino da condizioni di umidità a siccità e viceversa. Un effetto causato dalla volatilità idroclimatica che accelera l’alternarsi del passaggio tra i due stati climatici e che lo rende sempre più frequente e intenso.

Una ferita profonda nel cuore di Los Angeles che, nonostante tutto, si potrebbe rimarginare rapidamente grazie ai progetti di rinnovamento urbano già pianificati in vista dei Giochi olimpici del 2026. Intanto, le indagini per individuare i responsabili sono in corso: tre sospettati, ritenuti gli autori del rogo iniziale, sono stati fermati nella zona di Palisades, mentre un quarto individuo è accusato di aver appiccato volontariamente un incendio in un parco di Azusa durante la tempesta di fuoco. Altre fonti, però, sembrano attribuire la responsabilità a danni alla rete elettrica, che avrebbe registrato sovraccarichi e anomalie proprio nell’area di Palisades nel momento in cui gli incendi sono divampati. Un’ipotesi che trova riscontro in un precedente recente che scoppiò per cause analoghe: il devastante rogo del 2023, che distrusse una parte della città di Maui nelle isole Hawaii.

Mentre le autorità continuano a indagare, sui social media e nei forum online si moltiplicano le teorie del complotto, ricorrenti negli Stati Uniti, soprattutto in seguito a eventi che sconvolgono la quotidianità del Paese. Tra le ipotesi più diffuse figurano il coinvolgimento di celebrità, l’uso di armi segrete governative, la manipolazione climatica e le speculazioni immobiliari legate alla creazione delle cosiddette smart cities.

Una delle teorie più virali sostiene che gli incendi siano stati alimentati da armi a energia diretta, come laser o microonde. Teorie simili erano già emerse durante gli incendi che devastarono la California nel 2018, trovando persino il supporto di figure pubbliche come la politica repubblicana Marjorie Taylor Greene. Tuttavia, né allora né oggi esistono prove concrete che dimostrino l’uso di queste armi in contesti civili.

Altre teorie ipotizzano un coinvolgimento diretto del governo in un tentativo di manipolazione climatica: secondo queste congetture, gli incendi sarebbero stati appiccati intenzionalmente per testare il cloud seeding (inseminazione delle nuvole) e provocare piogge al fine di domare le fiamme. Un’altra ipotesi, ancora più fantasiosa, punta il dito contro Sean “Diddy” Combs, sostenendo che la sua villa, miracolosamente risparmiata dalle fiamme perché fuori dalla zona evacuata, sia la prova di un presunto coinvolgimento della star. La teoria del complotto che ha raccolto maggior consenso riguarda però il piano SmartLA 2028: un progetto volto a migliorare le infrastrutture e i trasporti della città per allinearsi agli obiettivi di sostenibilità promossi dalle Nazioni unite. I sostenitori di questa ipotesi suggeriscono che gli incendi siano stati appiccati deliberatamente per liberare terreni, facilitando così la ricostruzione e la creazione di nuove aree urbane.

Il Guardian descrive la diffusione di teorie complottiste come un’«ondata di disinformazione». La paura e la confusione alimentano queste notizie: le persone cercano risposte nel caos. Nonostante gli sforzi di autorità e fact-checkers, la situazione rimane difficile da controllare. La decisione di Mark Zuckerberg, Ceo di Meta, di eliminare i controlli sulle notizie sui suoi social negli Stati Uniti ha complicato ulteriormente la lotta contro la disinformazione.

In tempi di crisi, le teorie del complotto fioriscono, minando la fiducia nelle istituzioni e nelle autorità che operano sul campo per limitare i danni. Il web diventa un’arena per la diffusione di narrazioni false, amplificate dalla rapidità della condivisione online. Con l’attuale amministrazione, che sembra favorire la protezione dei contenuti digitali a discapito della verifica delle informazioni, l’incapacità di arginare questo fenomeno potrebbe aggravarsi, mettendo ulteriormente a rischio non solo la verità ma anche il controllo dell’ordine pubblico. Quello che resta, per ora, sono gli scheletri fumanti di quelle che erano case vista oceano, insieme a tanti interrogativi su come gli Stati Uniti affronteranno nei prossimi anni la crisi climatica, capace di sconvolgere anche una delle città più grandi e centrali del Paese, segnando un punto di non ritorno che impone scelte difficili e urgenti per il futuro.

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