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Guida pratica alle presidenziali americane

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Martedì 5 novembre 2024 Donald Trump e Kamala Harris si sfideranno per determinare chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America: in questa guida cerchiamo di rispondere alle possibili domande su come e quando si vota e di spiegare il complesso sistema elettorale statunitense

Chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America? In questa guida alle elezioni americane rispondiamo alle domande su come e quando si vota e spieghiamo il complesso sistema elettorale statunitense.

Quando si vota? Il giorno elettorale

Votare di martedì è una consuetudine piuttosto strana: a sancire quando si vota è una legge del 1845, che rende obbligatorio porre l’election day il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre. La precisazione non è casuale: si voleva evitare di votare in un ipotetico martedì 1 novembre, per via della concomitanza con la festa cristiana di Ognissanti. In quegli anni gli Stati Uniti erano una comunità agricola e da questo proviene la scelta di votare proprio a novembre: in questo periodo, infatti, il raccolto è già finito e il tempo è ancora clemente. Il martedì, invece, fu scelto perché in una società agricola molti non vivevano concentrati in città e avevano bisogno di tempo per raggiungere il seggio: votare richiedeva una giornata intera, a volte di più, e per questo non doveva coincidere con altri momenti importanti della settimana, come la messa della domenica o il mercato del mercoledì. 

Oggi, però, per quasi tutti gli Stati l’election day è semplicemente l’ultimo giorno in cui è possibile registrare la propria preferenza: quest’anno, quarantasette Stati su cinquanta permettono opzioni di voto precedenti al martedì. La maggior parte di questi adottano il cosiddetto early in-person voting: ti puoi presentare al tuo seggio a partire da un numero di giorni precedenti all’election day stabiliti per legge (ad esempio, in Arizona si può recarsi al seggio a partire da ventisette giorni prima). Altri Stati permettono l’in-person absentee voting, cioè la possibilità, previa richiesta, di ricevere a casa una scheda elettorale, da spedire dopo aver votato e averla validata: alcuni permettono di farne richiesta solo se si adducono validi motivi, altri ne danno facoltà indistinta a chiunque lo richieda. Otto Stati hanno un sistema all-mail: tutti i cittadini, che lo abbiano richiesto o meno, ricevono la loro scheda a casa. Nonostante questo, se preferiscono, possono scegliere di votare di persona nel giorno elettorale. Alabama, Mississippi e New Hampshire non permettono nessun tipo di voto anticipato, a meno di impedimenti da certificare, come l’assenza per validi motivi il giorno delle elezioni: sono, ad oggi, gli unici tre Stati in cui mettersi in coda al seggio è ancora quasi sempre l’unica soluzione.

Cosa si vota: guida alle elezioni americane

Si votano tutti i livelli amministrativi in una singola scheda: alle elezioni del 2024 tutti i cittadini voteranno per il presidente, che rimane in carica quattro anni, e per la Camera dei Rappresentanti, uno dei due rami che forma il Congresso, che viene eletta nella sua interezza ogni due anni. I cittadini di trentatré Stati voteranno anche per l’altro ramo, il Senato: in numero di due per Stato, i senatori rimangono in carica sei anni. Il mandato dei cento senatori non scade per tutti nello stesso anno: per questo si tengono elezioni per il rinnovo parziale di questo ramo del Congresso ogni due anni, mediante elezioni che riguardano circa un terzo della sua composizione. I cittadini di undici Stati rinnoveranno anche il governatore, la figura più importante della politica statale, che rimane in carica quattro anni.

Quando si vota? Come si determinano i candidati presidente

I due maggiori partiti – democratico e repubblicano – selezionano il loro candidato presidente con il metodo delle primarie, da eseguirsi Stato per Stato. Non è sempre stato così: fino alla fine degli anni Sessanta, nonostante in alcuni Stati cominciassero ad apparire i primi embrionali esperimenti di sondaggio tra gli elettori, erano i delegati dei partiti a selezionare il proprio candidato. Lo facevano durante la convention, che ai tempi possiamo immaginarci più o meno simile a un congresso di un partito europeo: tanti notabili discutono giorni interi per trovare una quadra. Per la prima volta nel 1972 il Partito democratico organizzò una sua primaria davvero nazionale e dal 1976 entrambi i partiti hanno di fatto delegato agli elettori la scelta del candidato.

Come si vota? Gli elettori non scelgono direttamente il candidato, ma eleggono i delegati afferenti a quel candidato e a lui vincolati. I candidati affrontano primarie in tutti e cinquanta gli Stati e nei territori incorporati, come Guam, Puerto Rico, le Isole Vergini Americane, le Isole Marianne Settentrionali e le Samoa Americane, che non hanno invece la possibilità di votare a novembre. In ogni Stato e in ogni territorio il Partito democratico distribuisce proporzionalmente i delegati di quella contesa tra tutti i candidati, mentre i repubblicani li assegnano tutti al vincente (in un sistema detto winner-takes-all). Alla fine di tutte le operazioni di voto si celebra la convention, non più un luogo da notabili che selezionano i candidati ma un evento mediatico in cui avviene l’incoronazione del vincente delle primarie.

Come si vota? Come funziona l’elezione di novembre

A novembre, ci troveremo di fronte a un’elezione indiretta: a selezionare il presidente, infatti, formalmente non sono i cittadini ma il collegio elettorale. Il collegio è formato dall’insieme dei grandi elettori (tutti i delegati statali collegati ai candidati presidenti). Ogni Stato assegna un numero di grandi elettori pari al totale dei suoi rappresentanti alla Camera e dei suoi due senatori: il numero minimo di grandi elettori è tre, pari a un rappresentante alla Camera più due senatori. 

Il vincitore delle elezioni presidenziali americane è il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei grandi elettori, che sono 538, rendendo 270 il numero minimo da ottenere. Il numero dei grandi elettori è fisso dall’elezione del 1964: questo perché la Camera ha un numero di rappresentanti fissato per legge a 435 nel 1929, nessun nuovo Stato si è aggiunto dal 1959 (anno di introduzione delle Hawaii nell’Unione) e nel 1961 si è decretato di assegnare tre delegati al District of Columbia, il distretto dove è presente la capitale, Washington D.C., che non è rappresentata in parlamento. Fino alle elezioni del 1964, quindi, i cittadini di Washington non potevano votare il presidente. Per modificare il numero dei grandi elettori sarebbe necessario l’ingresso di un nuovo Stato nell’Unione: non è un’ipotesi remota, dato che Puerto Rico preme da anni in questo senso. 

I grandi elettori alle elezioni presidenziali americane vengono assegnati in quarantotto Stati su cinquanta con il modello del maggioritario secco: chi vince lo Stato ne ottiene tutti i grandi elettori. In Nebraska e Maine vale invece il congressional district method: ogni collegio valevole per l’elezione di un deputato alla Camera assegna un grande elettore mentre altri due grandi elettori, che rappresenterebbero il Senato, vengono assegnati a chi vince lo Stato. Il caso di Stati che hanno diviso i loro voti è avvenuto anche di recente: nel 2020 Donald Trump ha vinto agevolmente in Nebraska ma ha perso uno dei tre collegi in cui è diviso lo Stato, decretando che un grande elettore venisse assegnato a Biden. 

Cosa succede dopo il 5 novembre

Il 17 dicembre tutti i grandi elettori si troveranno nel proprio Stato e voteranno per presidente e vicepresidente in schede diverse. Non sono vincolati a votare il candidato per cui sono stati eletti, ma essendo selezionati da liste provenienti dai partiti non avviene praticamente mai il contrario. Il 6 gennaio 2025 il Congresso si riunirà in seduta comune, presieduta dal vicepresidente (in questo caso Kamala Harris), e procederà al conteggio e alla ratifica delle schede arrivate da tutti gli Stati. Dopo il fallito golpe del 6 gennaio, in cui Trump aveva chiesto al suo vicepresidente Mike Pence di non ratificare il risultato di novembre, si è proceduto a intervenire con una legge che decreta il ruolo del vicepresidente, che non può obiettare i voti, come meramente cerimoniale.

E se nessun candidato raggiunge i 270 grandi elettori?

In questo caso, il dodicesimo emendamento alla Costituzione prevede che sia la Camera dei Rappresentanti a selezionare il presidente. Tutti i rappresentanti si riuniscono in delegazioni divise per Stato e ogni delegazione ha diritto a un voto. Il vicepresidente viene invece scelto dai senatori, e ognuno di essi ha diritto a un voto. Un caso di scuola, dato che Donald Trump e Kamala Harris non correranno questo rischio: il 5 novembre uno dei due raggiungerà il numero magico di 270 ed entrerà in carica il 20 gennaio 2025, a mezzogiorno.

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