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Editoriale di presentazione (di Francesco Stati)
Si insinua in ogni angolo della nostra società, spesso invisibile ma sempre presente. Plasma esistenze, condiziona scelte, limita libertà e, in molti casi, nega dignità e diritti. La repressione non è solo quella messa in atto in Italia da chi «pensa di riempire il vuoto con l’ordine» usando «frasi preistoriche», per dirla come nella CRASH di Marracash. Si manifesta nelle forme e nei contesti più vari, dalle dinamiche personali a quelle sistemiche, dalle scelte individuali alle politiche collettive.
La nostra analisi toccherà lo sgombero di spazi pubblici che provavano a sostituirsi a uno Stato assente fornendo servizi essenziali a tutte e tutti, i diritti negati ai detenuti nonostante le più alte Corti d’Italia si siano espresse a loro favore, le proteste per il clima schiacciate da una legislazione sempre più aggressiva e a tratti vessatoria. Ma la repressione non è solo esterna. A volte è auto-imposta. Come nel caso di chi, per vivere in società e scalarla fino alle posizioni che contano, reprime sé stesso fingendosi qualcuno che non è per essere ciò che gli altri vogliono che sia. O di chi, pur essendo omosessuale, sceglie di reprimere la propria identità per conformarsi alle aspettative sociali, finendo per sposarsi e fare figli in una relazione eterosessuale. Fino a che quel muro di bugie non si sgretola.
E poi c’è la repressione economica, la più pervasiva. Un sistema che, attraverso disuguaglianze, debito e politiche fiscali ingiuste, erige barriere insormontabili per i più vulnerabili. Una repressione strisciante e diffusa al punto che anche aziende simbolo del successo italiano nascondono al loro interno una realtà fatta di stipendi sotto la soglia di dignità, contratti precari e stagionalità forzata. Attraverso le voci di lavoratrici e lavoratori, racconteremo come il profitto venga spesso anteposto ai diritti e alla dignità umana.
La repressione, però, non è solo un fenomeno italiano. Guardiamo alla Francia e alla sua complessa relazione con l’Algeria, un rapporto segnato da decenni di violenze, accordi controversi e polemiche ancora vivaci. Ma anche alla Cina, dove il governo centrale sta provando con ogni mezzo a censurare e reprimere figure scomode perché di successo.
Questo numero è un invito a guardare oltre la superficie, dentro la bolla, a riconoscere le forme di repressione che ci circondano e a interrogarsi su come possiamo contrastarle. Un viaggio attraverso storie, analisi e testimonianze inedite per guardare in faccia una realtà spesso scomoda, ma necessaria da comprendere. E solo comprendendola possiamo iniziare a combatterla.
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