Nel discorso pronunciato subito dopo l’invasione dell’Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin esortava i russi a respingere le perversioni omosessuali dell’Occidente. In una sorta di guerra dichiarata dal Cremlino anche sul fronte interno, alla fine di marzo 2024 il direttore artistico e la proprietaria del club Pose, locale Lgbtqia+ nella città di Orenburg nel sud-ovest della Russia, vengono arrestati con l’accusa di essere membri di un’«organizzazione estremista». In un video pubblicato dal giornale indipendente Moscow Times si vedono gli agenti di polizia irrompere nel locale, mentre i ragazzi presenti sono seduti a terra con le mani sulla nuca e uno di loro viene trascinato brutalmente. Se saranno riconosciuti colpevoli, rischiano diversi anni di carcere. Si tratta del primo caso di giustizia penale di questo tipo da quando il 30 novembre 2023 la Corte suprema russa ha dichiarato «estremista» il cosiddetto «movimento internazionale Lgbtqia+», vietandone le attività in tutto il Paese. Prima dell’entrata in vigore della legge, tra il 2022 e il 2023, la repressione contro la comunità Lgbtqia+ in Russia ha portato all’arresto di numerose persone, secondo un rapporto dell’associazione Ilga (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association), che ha esaminato la situazione in 65 Paesi. In 11 di questi casi, le vittime sarebbero state torturate.
Diritti umani e società civile in Russia: un’analisi critica
Dmitrii Anisimov è il portavoce della Ong russa OVD-Info, attiva nel settore dei diritti umani, con particolare attenzione alla libertà di espressione e associazione, e con una forte presenza sul campo. «Forniamo assistenza legale alle persone perseguitate per le loro opinioni politiche. Il nostro focus principale è sempre stato quello della repressione nei confronti di attivisti e prigionieri politici. Ma, naturalmente, anche la repressione della comunità Lgbtqia+ in Russia è, in un certo senso, un fatto politico. Sfortunatamente ancora non abbiamo molti dati precisi al riguardo, ma stiamo riuscendo ad aiutare alcuni di loro». Se con lo scoppio della guerra in Ucraina la repressione nel Paese ha raggiunto il suo apice, «devo dire che la soppressione della società civile è iniziata molto prima. Bisogna ricordare che ci sono state proteste di massa in molte città della Russia nel 2011-2012, nel 2016, nel 2019 e nel 2020, quando l’oppositore Alexei Navalny è tornato nel Paese ed è stato arrestato, e ci sono state più di quindicimila persone fermate. Si trattava di numeri enormi per quel periodo. Dopo l’inizio del conflitto le cose sono peggiorate perché, ora lo sappiamo, più di ventimila persone sono state arrestate a causa di pubblicazioni contro la guerra sui social media o per aver partecipato a manifestazioni di protesta».

«Il 2012 può essere considerato uno spartiacque fondamentale, non solo per il quadro legislativo ma nel rapporto più generale tra Cremlino e società civile: è l’anno che segna il terzo mandato di Putin, e in cui scoppia una fortissima ondata di proteste contro i brogli elettorali», commenta Maria Chiara Franceschelli, dottoranda in Scienza politica e sociologia presso la Scuola Normale Superiore di Pisa che si occupa di movimenti sociali e società civile nello spazio post-sovietico, autrice insieme a Federico Varese del libro La Russia che si ribella. Repressione e opposizione nel Paese di Putin (Altreconomia, 2024).
«Putin riteneva che le primavere arabe potessero costituire un pericoloso precedente che avrebbe potuto mettere in discussione il sistema russo», prosegue l’analisi Giovanni Savino, docente universitario di Storia Contemporanea presso l’università di Napoli Federico II, tornato in Italia dopo aver vissuto diciassette anni in Russia. In più, a inizio anni Dieci, la crescita economica comincia ad arrestarsi e il prezzo delle materie prime a scendere. Quindi nel 2012 avviene nel Cremlino la svolta conservatrice in cui, oltre al rilancio dell’idea di una grande Russia, che diventa più compiuta negli anni successivi, si rilancia la centralità dei valori tradizionali, e quindi si comincia a discutere della legge che poi diventerà quella sugli agenti stranieri. Ma soprattutto, si comincia con la persecuzione verso l’omosessualità, arrivando nel luglio 2013 a promulgare la legge federale contro la propaganda gay con cui vengono vietati i gay pride».

La comunità Lgbtqia+ in Russia, tra espressione e repressione
Nel 1993 in Russia viene depenalizzata l’omosessualità: le vicende della comunità Lgbtqia+ possono essere considerate la cartina di tornasole per capire l’involuzione sui diritti e l’evoluzione totalitaria del regime. Negli ultimi dieci anni sono state promulgate norme sempre più severe e si è intensificata la censura su cinema, libri e cultura in generale, con le persone Lgbtqia+ accusate di incitare discordia sociale e religiosa. Dopo il divieto di adozione per le coppie gay, nel 2020 è arrivata la riforma costituzionale che definisce il matrimonio come l’unione tra un uomo e una donna. Alla fine del 2022, è stata approvata una legge che proibisce anche tra gli adulti la «promozione» di quelle che il Cremlino definisce «relazioni sessuali non tradizionali», estendendo la tristemente nota norma del 2013 che vietava la suddetta promozione tra i minori. Pochi mesi dopo, Putin ha richiesto la creazione di un istituto per studiare il comportamento sociale della comunità gay, considerata nuovamente come malattia mentale. Inoltre, nell’estate 2023 Mosca vieta gli interventi chirurgici di riassegnazione del sesso. Fino al bando di fine 2023, sancito da un documento volutamente ambiguo: molti temono che il governo possa perseguire con arresti e procedimenti penali chiunque difenda i diritti delle minoranze sessuali, rendendo di fatto illegale ogni iniziativa a favore della comunità Lgbtqia+. Così il regime entra direttamente nelle camere da letto dei russi, dicendo loro in cosa credere e per cosa morire.
«In questo senso, il Cremlino ha colto il valore profondamente politico del movimento Lgbtqia+. La sentenza della Corte suprema colpisce non un un’azione o una posizione politica, ma un’identità personale, e ha ricadute molto concrete e specifiche nella vita delle persone. Banalmente, se una persona fa coming out sta dicendo che fa parte di un’organizzazione estremista. Solo il definire la propria identità in maniera autonoma può essere considerato come un affronto allo Stato: questo è coerente, secondo me, con il divenire sempre più totalitario della Russia, quindi la volontà di togliere qualsiasi spazio soprattutto a tutto ciò che per il regime è legato all’Occidente», aggiunge Franceschelli. «In più, vi è una brutalità crescente delle forze dell’ordine. Il primo assaggio è stato nel 2012, quando la manifestazione del 6 maggio, che è stata poi l’ultima grande dimostrazione contro i brogli elettorali, viene repressa con una violenza vera e propria da parte della polizia: non si era mai vista una cosa del genere», aggiunge Savino. Prosegue Anisimov: «Oggi la repressione è enorme, massiccia, brutale, per impedire qualsiasi tipo di attività politica. I processi sono concepiti in modo tale da rendere difficile per i detenuti difendersi e per i loro avvocati avere contatti con i loro assistiti. Per esempio, conosciamo diverse persone, che oggi stiamo difendendo, in condizioni di salute molto precarie ma che in carcere non vengono curate. Il regime usa anche la tortura e altre modalità illegali per trattare i detenuti e i manifestanti. I loro parenti possono essere licenziati dal lavoro, soprattutto se assunti in settori pubblici. Dopo che la polizia ha portato avanti gli arrestati nel bar Pose c’è stata una perquisizione delle loro abitazioni e del locale stesso: ora sono nel centro di detenzione preventiva, rischiando una pena detentiva solo per aver lavorato in un luogo pubblico che ospita artisti ed eventi queer». «Oggi ci sono pratiche sempre più tipiche di quello che di solito viene portato avanti in una zona d’occupazione», gli fa eco Savino. «Inoltre, la militarizzazione crescente della società implica che alcuni temi come l’omofobia diventino strutturali, così come lo sono in tutti gli eserciti. La disciplina e quindi il senso di gerarchia aumentano le violenze nei confronti della comunità Lgbtqia+. La guerra sta soltanto peggiorando le cose: l’obiettivo sembra quello di far diventare la Russia una sorta di caserma».

La resistenza quotidiana in un regime sempre più totalitario
La sentenza della Corte è dovuta proprio all’idea di provare a creare un modello di società alternativo a quelli che vengono visti come i valori dell’Occidente liberale, considerato come blocco univoco e monolitico, mentre la guerra in Ucraina viene dipinta dal Cremlino come un conflitto di civiltà: questo vede nella ripresa delle accuse alla comunità Lgbtqia+ una parte costituente del discorso, «perché si individua la diversità come il fattore scatenante di quelle che vengono considerate le storture della società civile, utilizzate per demonizzare coloro che non sono conformi. Le politiche di repressione sperimentate sulle persone Lgbtqia+ vengono oggi adottate in modo molto più rapido che in passato su tutta la società russa», conclude Savino. Le storie come quelle riportate da OVD-Info sfidano le molte narrazioni che vedrebbero il popolo russo come distante dalle questioni politiche: «Le persone in Russia sono molto interessate a ciò che accade intorno a loro. I numeri che ho citato in precedenza possono sembrare non molto grandi ma, se si tiene in considerazione che qualsiasi attività politica comporta rischi enormi e il prezzo della partecipazione è molto alto, credo che siano invece piuttosto elevati. Questo significa che per la società civile russa c’è ancora la speranza di un futuro diverso, anche se ora è molto difficile da vedere».