Internet, con i suoi social media, meme e influencer, è diventato il nuovo campo di battaglia elettorale, tanto da ridefinire le regole del gioco politico americano e non solo. Già da diversi anni gli account social sono centrali nella comunicazione politica digitale, perché permettono ai candidati di raggiungere direttamente e costantemente milioni di elettori. Donald Trump ha dimostrato che anche i 280 caratteri di X possono plasmare l’agenda mediatica nazionale, ma non è il solo.
Durante la campagna del 2020, Kamala Harris, che allora correva per la vicepresidenza, ha utilizzato piattaforme come TikTok e Instagram per raggiungere gli elettori più giovani, condividendo momenti dietro le quinte e partecipando a trend virali. La deputata dem Alexandria Ocasio-Cortez ha rivoluzionato la comunicazione politica per la GenZ. Non solo usa Instagram per trasformare temi politici complessi in contenuti virali e digeribili, ma ha anche conquistato Twitch con le sue sessioni di gaming.
In questo contesto, le meme wars sono diventate un’altra caratteristica distintiva delle elezioni americane, con piattaforme e imageboard come Reddit, 4chan e 8chan diventate incubatori di contenuti virali in grado di influenzare il discorso pubblico. I meme non sono più semplici immagini ironiche, ma sofisticati strumenti di comunicazione politica digitale.
Per esempio, la frase «You think you just fell out of a coconut tree?», pronunciata da Kamala Harris più di un anno fa, è riemersa come meme dopo l’endorsement di Biden per la sua candidatura presidenziale. La citazione, originariamente parte di un discorso sulla consapevolezza del contesto storico, ha acquisito nuova rilevanza nel dibattito politico attuale, a dimostrazione di come nell’era dei social media anche commenti apparentemente casuali possono assumere un significato politico inaspettato. Questo fenomeno è strettamente collegato all’endorsement – pubblico e social – delle celebrità, che ha assunto un peso senza precedenti. L’esempio di Taylor Swift, che in un solo giorno ha spinto oltre 35mila persone a registrarsi per votare, è emblematico. Ma non è l’unica: Cardi B ha intervistato Bernie Sanders, Dwayne “The Rock” Johnson ha pubblicamente sostenuto Joe Biden, Charlie XCX ha definito Kamala Harris una brat girl, a dimostrazione come la linea tra intrattenimento e politica sia sempre più sfumata.
L’era digitale ha anche portato a una personalizzazione inedita delle campagne elettorali americane. Grazie ai big data e agli algoritmi, i partiti possono ora targettizzare i loro messaggi con una precisione chirurgica. Se da un lato questa micro-targettizzazione permette una comunicazione più efficace, dall’altro solleva preoccupazioni sulla privacy e sul rischio di manipolazione dell’opinione pubblica. L’era digitale sta rivoluzionando la politica americana, portando con sé nuove opportunità e sfide inedite per la democrazia. La rapidità con cui le informazioni si diffondono online è un’arma a doppio taglio: favorisce sì una maggiore partecipazione, ma può anche alimentare la diffusione di fake news e accentuare la polarizzazione politica. I social media, con le loro eco-chamber, rischiano di frammentare ulteriormente il dibattito pubblico in un Paese già profondamente diviso.
In questo scenario, il ruolo dei giganti tech come Meta e Google è sotto i riflettori: hanno il potere di influenzare il flusso di informazioni e ciò solleva interrogativi cruciali sul futuro del processo democratico, tanto che il Congresso e l’opinione pubblica chiedono loro sempre più conto del loro operato. La politica digitale sta ridisegnando i contorni della partecipazione democratica negli Stati Uniti: offre nuovi canali di coinvolgimento e mobilitazione, ma al contempo mette alla prova la qualità del dibattito pubblico e l’integrità dei processi elettorali. In questo delicato equilibrio tra innovazione e tradizione, gli Usa si trovano a dover ripensare il significato stesso di democrazia nell’era dei bit.