Lo slogan dei Giochi di Parigi 2024 è «Games wide open»: giochi aperti, giochi rivoluzionari, ma non troppo. L’esclusione delle atlete trans dalle Olimpiadi è un argomento delicato che infervora i commenti sui social e riduce la discussione a cori da stadio.
L’identità di genere è ancora oggi un tema controverso, su cui si scornano evidenze scientifiche con ideologie, ma che, soprattutto, porta a nudo la paura della diversità. Nello specifico dei Giochi olimpici, la paura è che le atlete trans siano troppo forti rispetto a quelle cis e che, quindi, vincerebbero tutte le competizioni.
Laurel Hubbard, però, non ha vinto l’oro a Tokyo 2020; anzi, non è riuscita a completare nessun sollevamento valido. Hubbard è una donna trans con livelli di testosterone sotto la soglia e per questo motivo non era stata esclusa dai Giochi. Al contrario, Christine Mboma non ha potuto partecipare ai 400 metri, pur essendo donna cisgender, perché aveva livelli di testosterone troppo alti. Anche Beatrice Masilingi è stata esclusa per lo stesso motivo. Mboma ha vinto l’argento nei 200 metri piani, mentre Masilingi è arrivata sesta.
Atlete trans escluse (e non) dalle Olimpiadi
Nel 2022, in seguito a una vittoria di Lia Thomas, nuotatrice transgender, in una competizione di nuoto universitaria, la World Aquatics (prima conosciuta come Federazione internazionale di nuoto) ha introdotto un nuovo regolamento. Vi si trova scritto che può gareggiare nelle discipline femminili di nuoto solo chi non ha mai attraversato la pubertà maschile. Per queste ragioni, il 12 giugno Thomas è stata esclusa e non potrà partecipare a Parigi 2024.
La causa di Lia Thomas contro World Aquatics: clicca per leggere l’approfondimento
A seguito della sua esclusione dal gareggiare in competizioni di alto livello nelle categorie femminili, Lia Thomas ha fatto causa alla World Aquatics presso il tribunale arbitrale dello sport. Secondo Thomas, le disposizioni erano non solo «invalid and illegal», ma anche discriminatorie nei suoi confronti. Il 12 giugno 2024 il panel ha archiviato il caso, senza entrare nel merito, con questa motivazione: dal momento che Thomas non ha il diritto di partecipare alle competizioni di alto livello statunitensi, non è nemmeno idonea, semplicemente, a partecipare alle competizioni di World Aquatics.
Un’altra considerazione riguarda gli uomini trans. Chris Mosier è un uomo trans ed è due volte campione nazionale di marcia per gli Stati Uniti. Ha partecipato ai Giochi di Tokyo, dai quali si è ritirato per un infortunio, e nel 2023 ha vinto nella sua categoria ai National Championship statunitensi di duathlon. Se si ritiene che le donne trans siano avvantaggiate rispetto alle donne cis, allora è vero anche che gli uomini cis hanno un vantaggio rispetto agli uomini trans. Mosier, però, vince. Contro uomini cis. Dovrebbero vietare anche a Mosier di partecipare ai Giochi in futuro? E come regolarsi per le persone intersex? O non binarie?
La proposta di creare una categoria speciale non è implementabile non solo per via del numero molto basso delle persone che vi avrebbe accesso, ma anche per questioni di inclusività. O meglio, di reclusione.
Forse è arrivato il momento di rivedere le categorie sportive e non suddividerle più secondo un binarismo maschio/femmina, ma avere un approccio preso in prestito dal codice per gli sport per disabili. Si potrebbero tenere in considerazione tutti i fattori fisiologici e metabolici che influiscono sulla funzione atletica (altezza, peso, livelli di testosterone, struttura muscolare e scheletrica, sistema cardiorespiratorio) e applicarli a tutte le persone, siano esse cis, trans, intersex o enby, in tutte le competizioni sportive.
Classificazione funzionale, non medica: clicca per leggere l’approfondimento
L’università di Otago, a Dunedin (Aotearoa), in un articolo del 2019 ha proposto di passare dal binarismo di genere a un algoritmo sofisticato per determinare le categorie delle competizioni. Così facendo si soddisferebbero i requisiti di inclusività e imparzialità: non si escluderebbero dalle competizioni atlete meritevoli e si eviterebbe di fare favoritismi, nell’una o nell’altra direzione. La segregazione sessuale è contraria allo spirito che ha sempre animato lo spirito olimpico e lo sport in generale. Passare da un sistema di classificazione medica a uno sulle abilità funzionali, che consideri i numerosi tratti specifici delle persone, risolverebbe questo problema. È un sistema già adottato per lo sport per i disabili, che si tratterebbe di adattare per i corpi non disabili.
I Giochi di Parigi 2024 vogliono essere quelli più aperti e inclusivi di sempre, soprattutto per quanto riguarda le discriminazioni. Perché questo accada, il Comitato olimpico internazionale dovrebbe assumere una linea più decisa e non lasciare che le singole federazioni stabiliscano i requisiti di partecipazione.