0,00 €

Nessun prodotto nel carrello.

0,00 €

Nessun prodotto nel carrello.

Ma io lavoro… per fare musica

Nel mercato musicale italiano, le condizioni socio-economiche di partenza e l’iper-visibilità dei talent show influenzano il successo degli artisti. Nonostante i costi ridotti per produrre musica, la concorrenza rimane spietata, richiedendo una promozione costante sui social media. Generi musicali meno commerciali e artisti indipendenti affrontano sfide maggiori, sia in termini economici che di visibilità, rendendo ardua la strada verso il successo. Abbiamo parlato con alcuni di loro

Ad aprile, la cantante Rose Villain, intervistata nel podcast Passa dal Basement da Gianluca Gazzoli, ha risposto ad alcune critiche ricevute sui social. Alcuni utenti sostenevano che la sua fama improvvisa fosse dovuta al fatto che fosse la fidanzata di un noto produttore e che appartenesse a una famiglia privilegiata. Suo padre, infatti, è il fondatore del marchio Tucano Urbano, leader dell’abbigliamento per scooteristi. L’artista, però, ha rivendicato i suoi meriti, attribuendo il suo successo alla sua determinazione e alla sua forza di volontà. 

Nel mercato musicale italiano, però, le condizioni di partenza possono influire molto sulla carriera di un artista e la retorica del “se vuoi, puoi” non sempre si applica in modo uniforme, ignorando le differenze di classe, genere ed etnia. Crescere in un ambiente che valorizza l’arte e la musica, avere accesso a corsi di musica e strumenti e poter contare su un sostegno economico familiare sono fattori che possono fare la differenza.

Molti artisti italiani hanno trovato il successo attraverso i talent show. I Måneskin, Annalisa, Elodie, Marco Mengoni e Angelina sono solo alcuni esempi di quelli che hanno fatto il loro debutto in programmi come X Factor e Amici. Questi programmi offrono visibilità immediata e una piattaforma per raggiungere un vasto pubblico, facilitando l’ingresso nel mondo della musica, ma condannando chi sceglie questa carriera a un percorso iper-pop indissolubilmente legato al mainstream.

Fatta eccezione per il pop – che ha visto l’indie di artisti come Gazzelle e Calcutta diventare sempre più commerciale – e il rap, che Paola Zukar, la più grande manager del settore, ha definito «l’unico vero ascensore sociale dell’Italia», gli altri generi musicali hanno poco spazio, poche possibilità e soprattutto pochi soldi.

Oggi fare musica è più economico rispetto a vent’anni fa, ma la concorrenza è spietata e il successo non dipende solo dalla qualità del prodotto, ma anche dalla sua comunicazione. Gli artisti devono essere attivi sui social network e creare engagement con le loro community per diventare sponsor e guadagnare visibilità.

La musica: un lavoro che paga?

Non è semplice vivere di musica. Come ci spiega Abe, nome d’arte di Alberto Ladduca, sound designer, polistrumentista e produttore, «per farlo, come per vivere di architettura o di letteratura, devi fare tanti sacrifici, sia in termini di tempo che economici. Io ho avuto un percorso particolare perché mi sono specializzato nel sound design e nell’audio per cinema, pubblicità e moda, unendo la passione per la musica con competenze tecniche più formali». Ma chi spera di far diventare la musica un lavoro a tempo pieno ha più difficoltà: «Il modo più diffuso di consumare musica oggi è lo streaming, che offre fonti di guadagno molto scarse per i musicisti. Di conseguenza, le sponsorizzazioni diventano fondamentali. Artisti come Elodie e Annalisa, che sono anche testimonial di vari marchi, dimostrano come la visibilità e la popolarità siano cruciali per ottenere proventi alternativi».

Un’artista romana che preferisce rimanere anonima aggiunge: «Ho avuto la possibilità di parlare con diversi manager di grandi etichette in Francia: non concepiscono i loro cantanti come artisti, ma li considerano impiegati, parti di un ingranaggio che deve fruttare guadagni». Ma, come osserva Abe, «è più difficile emergere dal punto di vista musicale se hai un progetto indipendente e non sei sotto un’etichetta che ti dà garanzie forti. Molti degli artisti che conosco, anche quelli più o meno famosi, hanno un secondo lavoro oltre alla musica. Per citare due casi affermati di generazioni diverse, Cosmo ha smesso di lavorare solo di recente, mentre Roberto Vecchioni ha insegnato fino alla pensione».

Jürgen Degener, dj e organizzatore di eventi romano, conferma questa realtà: «Oggi fare musica è più facile e meno costoso, ma il vero problema è farsi notare. La concorrenza è spietata e il successo non dipende solo dalla qualità della musica, ma anche da come viene comunicata e promossa sui social network». Dopo la pandemia di Covid-19, molti locali e discoteche hanno puntato su nomi già affermati per recuperare le perdite economiche, rendendo ancora più difficile per i nuovi artisti trovare spazio per esibirsi. Questo fenomeno è particolarmente evidente nella musica elettronica. I dj devono spesso fare doppi lavori per sostenersi, e Jurgen è tra questi: «Faccio il magazziniere in una farmacia del centro e do lezioni private di musica: tutto questo per cercare di arrotondare, perché se no, qua in Italia, questo lavoro viene considerato come un hobby. Nessuno è preso sul serio».

In Italia, la cultura musicale è ancora legata a generi tradizionali come il pop e la canzone d’autore; generi come la musica elettronica faticano a trovare riconoscimento e supporto. A differenza di Paesi come la Germania, dove i dj sono considerati musicisti e possono contare su un pubblico ampio e diversificato, in Italia questa figura è spesso sottovalutata, e ciò si riflette anche sul piano economico: gli unici dj che guadagnano – secondo Jurgen – sono quelli che sono molto presenti sui media come Stella Bossi o Peggy Gou.

Anche Bluem, nome d’arte di Chiara Floris, percepisce una grande differenza tra l’Italia e l’estero: «Il nostro Paese rimane un ambiente molto chiuso a determinati contatti, determinate scelte. Molti artisti, soprattutto chi non ha mai messo piede fuori, sono portati a fare compromessi per accelerare la loro carriera, si fa fatica a pensare di potersi creare una strada alternativa. Il sistema dell’industria musicale è corrotto». Floris si dice fortunata: ora riesce a vivere di musica, ma per farlo ha dovuto rinunciare a restare nella città dove aveva trascorso i dieci anni precedenti, Londra. «Per mantenermi lì avevo un doppio lavoro, e mi piaceva, ma ho dovuto rivedere le mie priorità e ho scelto di terminare l’esperienza londinese, per ora», spiega. «C’è da dire però che lì ho avuto la possibilità di attingere a fondi governativi che mi hanno aiutata parecchio, cosa che invece non è possibile fare in Italia, o almeno non per tutti».  

Articoli correlati

Retroscena di una scalata: Dedelate, Metacops e il concerto di Sfera Ebbasta a San Siro

Durante il concerto di Sfera Ebbasta dello scorso 24 giugno, a San Siro, qualcuno alza lo sguardo e nota una piccola sagoma correre sui tralicci. Sui social si fa chiamare Dedelate, ma è ormai noto come «quello che si è fatto la foto con la Madonnina». Conosciuto lui, conosciuto il brand di abbigliamento Metacops di cui è promotore: un marchio con discreto successo, ma minore trasparenza

Il cammino del gospel: come trasformare la sofferenza in speranza

Dal desiderio di riscatto di un popolo ridotto in schiavitù, il cammino del gospel può offrire alla società contemporanea un messaggio universale di condivisione gioiosa della vita

Tanto pe’ cantà: Ditonellapiaga, Margherita Vicario e Rebecca Antonaci raccontano Roma e la musica

Roma ha tanto da dire, anche in musica. Le sue vie, i suoi quartieri e la sua scena artistica sempre più fervente stanno trasformando la Capitale e il suo modo di raccontarsi, grazie soprattutto alle sue penne (e voci) dirompenti. Abbiamo parlato con tre di loro

Santificato e conteso. La destra italiana ha arruolato pure De André

A venticinque anni dalla morte, l’eredità del grande cantautore è stata dimenticata o disconosciuta dalla sinistra. Così le sue canzoni finiscono spesso e volentieri per essere utilizzate in modo improprio da una destra alla ricerca di un’egemonia culturale. Con buona pace del loro contenuto. Storia di un cortocircuito

Prismag è molto più di un mensile

Settimanale, colorata, esclusiva. La nostra newsletter, Rifrazione, ti offre una storia extra e gratuita ogni domenica e ti aggiorna sulle nostre iniziative e uscite. Iscriviti e... ne leggerai di tutti i colori!